L'atto di nascita dell'ospedale
L'atto di nascita dell'ospedale

© Museo e Tesoro del Duomo di Monza / Biblioteca Capitolare, foto Piero Pozzi
LA CONVENZIONE PER L’HOSPITALE PAUPERUM FONDATO DA GERARDO
La più antica testimonianza relativa alla costituzione dell’hospitale pauperum è un documento originale in pergamena recante la data 19 febbraio 1174.
L’atto è custodito presso la Biblioteca Capitolare del Duomo di Monza e contiene la Convenzione fra Gerardo Tintore, Oberto da Terzago (arciprete dei canonici di San Giovanni Battista), Arderico Fedele e Arnaldo Lanteri (consoli del Comune di Monza) in merito all’amministrazione dell’ospedale.
La Carta di Convenzione è redatta in latino e illustra i provvedimenti adottati al fine di garantire la pacifica conduzione dell’istituzione anche dopo la morte del suo fondatore, in particolare in riferimento all’elezione del ministro – la più alta carica dell’ospedale – e dei conversi preposti alla cura dei malati e al conforto degli indigenti.
Tale scritto costituisce un unicum nel suo genere poiché afferma il proposito formulato da Gerardo di riservare alla Chiesa e all’autorità locale un ruolo all’interno dell’amministrazione del suo hospitale, bilanciando in questo modo il potere del capitolo ospedaliero. Nel contempo tuttavia le prerogative conservate dai conversi nella gestione dell’istituto limitavano la possibilità di ingerenze illegittime o rivendicazione dall’esterno. La compartecipazione di più soggetti al buon funzionamento dell’ente risultò un espediente ben congeniato dal momento che garantì a lungo che nessun di essi ne assumesse di fatto il controllo esclusivo.
Più in dettaglio l’avvocazia – la protezione civile e militare – veniva affidata al Comune di Monza, mentre all’arciprete spettava l’investitura ufficiale del ministro. Quest’ultimo era scelto dai conversi dell’ospedale, dai consoli cittadini e dai canonici della chiesa di San Giovanni Battista. L’arciprete, in ogni caso, poteva rifiutare la nomina a ministro di una persona che ritenesse indegna o inadeguata per quella carica.
I conversi avevano invece la facoltà di eleggere, tra i cittadini di Monza, sei decani con il compito di sovraintendere alla cura dei malati (ut curam infirmorum habeant). In questa valutazione, i conversi potevano essere consigliati dall’arciprete e dai consoli ma né il Comune né la Chiesa potevano indirizzare l’elezione verso candidati di loro gradimento. Gli accordi chiarivano inoltre che i religiosi non avrebbero potuto imporre il ricovero di alcuna persona tantomeno appropriarsi di fondi o beni nelle disponibilità dell’ospedale.
Come si evince, l’unicità della convenzione gerardiana risiede nella scelta di attribuire all’autorità ecclesiastica e a quella civile esclusivamente una funzione di garanzia, mentre l’ospedale avocava a sé l’esercizio dell’assistenza nei confronti di infermi e bisognosi.
Un’ulteriore innovazione di Gerardo è stata la disposizione di lasciare il suo ospedale interamente nelle mani di laici, una decisione che si opponeva alla secolare tradizione di cura dei malati da parte di chierici o di appartenenti ad ordini monastici.
IL TESTO DELLA CONVENZIONE DEL 1174
Nell’anno dell’Incarnazione del Signore 1174, il 19 febbraio, indizione settima.
Alla presenza dei canonici di San Giovanni Battista di Monza e dei laici di Monza come testimoni, si è convenuto fra don Oberto, per grazia di Dio arciprete della chiesa di San Giovanni di Monza, col consenso dei suoi confratelli, nonché Gerardo Tintore, converso dell’Ospedale dei poveri da lui fondato nel soprascritto luogo e territorio di Monza al di là del fiume Lambro, presso la chiesa di Sant’Ambrogio, e i suoi confratelli. E inoltre Arderigo Fedeli e Arnoldo di Lanterio, consoli di Monza per parte del Comune del medesimo luogo: [si è convenuto dunque] che il Comune stesso di Monza debba avere l’avvocazia dello stesso Ospedale e che la predetta chiesa di San Giovanni debba avere in censo ogni anno dal medesimo Ospedale due ceri di una libbra di cera ciascuno, da presentarsi annualmente all’altare dagli stessi conversi, in occasione della festa di San Giovanni. E il sovrintendente debba eleggersi dallo stesso Ospedale, ma sia investito dalla medesima chiesa, dai Consoli del sopraddetto luogo e dall’Arciprete della predetta chiesa e il sovraintendente abbia a dare la mano dell’obbedienza al medesimo Arciprete e i confratelli al loro sovraintendente. È stato stabilito che deputati al servizio del suddetto Ospedale debbano essere sei decani del popolo di Monza, perché abbiano cura degli infermi, e siano eletti dagli stessi conversi, sentito il parere dell’Arciprete e dei Consoli. Il sovraintende sia eletto dai confratelli stessi, soltanto su consiglio dei predetti decani; se però l’abbiano eletto malvagio, cioè ladro, dissoluto o poco adatto al suo ufficio, la Chiesa abbia la facoltà di rifiutarlo. E il Comune del suddetto luogo non possa di sua facoltà porvi un converso e nemmeno la Chiesa. Detta Chiesa non abbia in alcun modo facoltà o potere di dare ospitalità nell’Ospedale, o di togliere ad esso possessi o cosa alcuna, poiché così fra di loro si convenne.
Stipulato nella stessa Canonica di fronte a molti e ad Assandro, converso dell’Ospedale. Dei canonici della predetta Chiesa presenziarono: Maestro e Prete Guidotto, Ambrogio Opinino, Marchesio da Cologno, diacono, Maestro Gerardo, Ormino e Ambrogio da Palazzo, suddiaconi. E Maestro Pozzo, Martino da Pirovano e Guido da Somma e altri confratelli e chierici della predetta Chiesa. E del popolo furono presenti: i fratelli Giovanni e Landolfo che sono detti Bonvasali e Cazardo Pelucco e Armano e Germano Pazio, Ambrogio Medico e Guido da Carate e molti altri testimoni.
Segni delle mani di costoro, dell’Arciprete e di altri che chiesero che questo atto fosse compilato come sopra.
Io Giunio Giudice fui presente e scrissi questo atto per richiesta e lo registrai perché se ne avesse memoria.
La traduzione è tratta dal volume “Gerardo Tintore. Il Santo di Monza” (1979)